Ecco. Ci sono. Non che abbia scuse valide. Ma ci sono. E se proprio volete farvi un pò di fatti miei…. mi trovo a Singapore. E ci rimango un pochino. Dopo aver esplorato Amsterdam io e ilNik abbiamo deciso di spostarci un pò più a destra sulla cartina. Se guardate bene da qualche parte c’è uno staterello piccino che tra Malesia e Indonesia se ne sta li tranquilo con i suoi 25×45 km di superficie (grosso modo, lo devo aver letto da qualche parte ma non fidatevi, non è valido come dato per le ricerche di geografia di vostri figli). Gli americani che abitano qui sono disperati perchè “in soli 40 minuti hai già attraversato tutta l’isola”. In effetti il possesso dell’auto è cosa ingiustificata. Come le mie bellissime scarpe pelose acquisate a febbraio per i freddi giorni olandesi. Qui minimo 28 gradi fissi. Umidità altissima. Ogni tanto scendono delle secchiate d’acqua ma tutto finisce in un secondo. Tanto per tirar su quell’umidità che mancava. Cosa ci faccio? uh.. difficile a dirsi. Imparo l’inglese, conosco gente, faccio foto. Ah si, di quelle ne ho fatte un sacco. Non di quelle turistiche; la città ancora non l’ho visitata molto. L’unica giornata da veri turisti l’abbiamo passata insieme ad Antonio d’Albore che “passava di qua” e gentilmente ci ha fatto da cicerone. Tra ristoranti giapponesi e persiani (ancora grazie). Dei singaporeani dicono vadano matti per il food e per lo shopping. E non manca nulla di nulla. Cucine di qualsiasi tipologia e nazionalità, negozi e centri commerciali uno sopra l’altro. A volte mi sembra proprio di stare dentro Blade Runner. Fico, magari mi ritrovo pure quel gran pezzo di Harrison. Si vedono i parcheggi verticali, gli ascensori esterni, i palazzi decorati, i megrascreen con le pubblicità, i neon e le luci, i cuochi orientali che cucinano per strada, la gente strana che sembra modificata geneticamente. E aria condizionata. Ovunque. Solo per strada si può satre con la canottiera e non battere i denti dal freddo.
A parte le cose supeficiali, quello che succede qui è inimmaginabile per un italiano. Se Milano è una città che corre qui fanno le gare di sprint, il tutto in un contesto di perfetta pulizia (stamattina sul percorso di jogging lo spazzino si alterava al mio passaggio perchè gli scompigliavo tutte le minifoglioline che stava raccogliendo) e funzionalità (adoro prendere la metro per verificare di quanti centimetri il guidatore canna la corrispondenza tra la porta del vagone e il segnale a terra). Girare col naso in su è d’obbligo ma la bellezza è che ad ogni angolo ci sono spazi aperti dati dai tetti bassi delle case coloniche (mantenute e ristrutturate che sono una meraviglia) e dai tantissimi parchi. Una città molto più vedre di come uno potrebbe immaginarsi. Sono ancora impressionata dagli alberi piantati all’interno (cioè tra muri e tetto) dell’aeroporto e dalle pareti di piante tropicali del Terminal 2. Mi hanno detto che il Terminal 3 è ancora più incredibile. Verificherò quando parto.
Poi c’è stata la parentesi Indonesia. Ma che ve lo racconto a fare? Vi lascio due foto và……
Comunque stiamo bene. Assai!!
!!!!!!
Due cuori e una modestissima capanna, eh?
^^
Belle queste tue note singaporesi … in effetti, a leggereti, sembri un sacco lontana dall’Italia.
La nostalgia degli affetti lasciati a casa è dietro l’angolo, ma per quanto riguarda il resto…. non ce n’è!
@_@ apperò, noi saremo a Singapore a settembre.. non tornate troppo presto, dovete consigliarci posti cibo 😀
A settembre dovremmo essere di nuovo qui 🙂
Oh mamma. Sei li. Cioè, sei li sul serio 😀
già, incredibile vero? 🙂
Oddio che bello!!!!