La vita professionale per una fotografa a Verona non è tra le più stimolanti; a fatica si stringe amicizia (vera) con colleghi e ancora più a fatica si è prese in considerazione in quanto non riusciamo a giocare con i maschi a “chi ce l’ha più lungo”. E non per mancanza di attributi ma per mancanza di stupidità. Le categorie di fotografi che conosco io sono due: lo stile “vecchia ciabatta – se entri a casa mia ti sparo” e quella “giovane alternativo colto laureato amante anni ’70 – casino birra e fumo” ma in entrambi i casi urlano a grande voce “son brao solo mì” (trad. sono bravo solo io). Ed è per questo che sono felice di essere considerata strana e anomala non rientrando in nessuna di queste due categorie. Le mie amicizie si contano sulle dita di due mani e fino a poco tempo fa pensavo di essere in difetto. In realtà quando ho conosciuto Monica e Sara ho capito di non essere sola. L’amicizia con loro è diventata insostituibile. Sono due specchi che rimandano una immagine di me diversa ma simile. Non facciamo le stesse cose, non abbiamo le stesse idee e non condividiamo tutti i nostri pensieri ma la cosa che ci ha fatte legare è il continuo confronto e sostegno. Quando una di noi propone, di certo quella cosa si fa. Fanculo le menate. Se l’idea piace poi la realizziamo. Con entusiasmo!
Questa introduzione vuole solo portarmi a parlare del primo progetto fotografico in assoluto (per me) fatto in collaborazione con altri. Monica e Sara appunto. Ma non si tratta semplicemente di aver scattato delle foto insieme ad uno stesso soggetto o ad aver esposto le foto nello stesso contesto. Noi abbiamo proprio esagerato.
L’idea iniziale era quella di ritrarre delle persone in occasione della mostra del concorso fotografico degli architetti. Ci sembrava l’occasione ideale per metterci alla prova. Ma come fare per non pestarci i piedi a vicenda, realizzare un progetto unitario ma mantenere il proprio stile senza scendere a compromessi? Presto detto: tre ore di tempo (una a testa) per un totale di 12 persone (4 a testa). Ritratti composti da trittici con tre foto rielaborate. Ognuna di noi ha postprodotto anche 4+4 foto delle altre due per un totale di 12. Il risultato finale quindi un insieme di scatti ed elaborazioni che si mischiano. Delle vere e proprie contaminazioni. Io quindi ho scattato 4 persone, elaborato 4 foto di Monica e 4 di Sara. Ho lavorato sui loro scatti e sulle loro scelte. Unica costante la luce, che non è mai cambiata. Possibile? Realizzabile? Coerente? Date un’occhiata.
Questa è la prima vera produzione del Terribile Trio.
Solo la prima!
Tutte le post di sinistra sono di Monica, quelle centrali mie, quelle di destra di Sara.
Andrebbero viste belle grandi per notare i particolari di certe lavorazioni, ma forse ci sarà occasione anche per questo.
[…] Ed è per questo che sono felice di essere considerata strana e anomala non rientrando in nessuna di queste due categorie. […]
Personalmente è per questo che mi piacete, oltre che per i vostri lavori; siete alla mano pur essendo spesso super impegnate. Non è da tutti.
(Mi stavo proprio chiedendo come avreste fatto a gestire la situazione di 3 fotografe e le relative postlavorazioni).
I miei complimenti per il risultato, e per l’idea.
merito anche dei nostri bellissimi modelli ;-D
Grazie a te Luca per la disponibilità e per la splendida torta con cui ci hai viziate 🙂
Cavoli…la tortaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Squisita.
mi impegno a non fare copia/incolla negli altri due post…
l’altro ieri ho conosciuto un artista scultore, una persona squisita a cui dovrò dedicare qualche giorno insieme. Mi ha parlato dell “idea contaminata”, ossia di come un progetto iniziale quale può essere una installazione fatta di pietra (scultore) possa suggerire la produzione di un suono da quella pietra (musicista) che a sua volta può divenire un’immagine fotografica di un musicista che suona la pietra (fotografo) e via discorrendo…
contaminati lo siamo tutti ogni giorno, la predisposizione ad accettare e goderne i benefici è quanto di più bello possa esserci.
un brindisi alle vere amicizie!
Non esiste idea o progetto senza contaminazione esterna, o ispirazione se vuoi.
Alla salute!
Bello questo continuo lavorare tra donne (alla faccia di certi luoghi comuni della competitività tra donne nel lavoro). Interessanti ritratti. Wow, ma quanti architetti giovani …e donne.
in realtà questi non sono tutti architetti, ma si, ci sono tante giovani donne 🙂
>Le categorie di fotografi che conosco io sono due: lo stile “vecchia ciabatta – se entri a casa mia ti sparo” e quella “giovane alternativo colto laureato amante anni ’70 – casino birra e fumo” ma in entrambi i casi urlano a grande voce “son brao solo mì”
ahahahahaha
Quanto e’ vero! Ah, il nordest 🙂
La prima cosa che mi viene da dire, sicuramente dopo una visione solamente superficiale degli scatti, è che la differenza sostanziale la noto nella post produzione, per la quale ognuna di voi ha scelto di trasmettere un messaggio diverso e, cosa più importante, lo stesso ritratto trasmette effettivamente messaggi diversi in base alle tre differenti lavorazioni.
Meno evidente invece, sempre ad un’occhiata superficiale, mi sembra la mano di chi ha scattato.
Quello che sto cercando di dire è che mi sembra interessante notare che anche lavorando su foto fatte da un’altra mano si riesca attraverso la post produzione a dare alla foto la nostra “firma”.
E’ una cosa che noto ogni volta che io e Manuela lavoriamo, visto che entrambi scattiamo sullo stesso set ed entrambi spesso post produciamo lo stesso lavoro senza distinzione di chi ha scattato quella particolare foto: difficile riconoscere la mano che ha fatto la foto, mentre è molto più semplice risconoscere chi ha post prodotto quel particolare scatto pur mantenendo entrambi la stessa atmosfera che abbiamo deciso di dare al servizio.
Popettone a parte, complimenti per l’idea! Io poi vi ho conosciute direttamente come “trio”, quindi per me questo progetto è la naturale evoluzione della vostra collaborazione iniziale, una perfetta fusione/scissione delle vostre tre personalità 🙂
Quello che dici è vero però se leggi attentamente le foto noterai delle piccole differenze anche nel modo di scattare. I soggetti di Monica guardano quasi tutti dritti in macchina con aria sicura, i miei hanno un aspetto un pò più intimista dato anche dalle pose, mentre quelli di Sara sono movimentati e ironici. Di certo il resto lo fa la postproduzione. Cmq grazie 🙂
😀 Grazie per averci dato la possibilità di esser stati modelli a questo evento prezioso, grazie per lo sbattimento del avanti indietro, grazie per la bella foto da mostrare con vanto in sala.
Grazie a voi di essere venuti fin la e averci dato corda 🙂
“son brao solo mì” ahahahaha…
Ma Veronica è un architetto? Sono sbalordito… ero convinto che fosse “solo” una emozionante cantautrice!
Non conosco Monica, personalmente intendo, ma sai quanto stimo il modo in cui tu e Sara vivete la fotografia noi vostri confronti ed in quelli degli altri. La condivisione delle vostre idee e della vostra visione con immagini e parole di cui io non sarei mai capace fa di voi un punto di riferimento nella mia crescita fotografica.
A proposito… ho preso la macchina del fumo. Se una mattina di aprile ti sveglierai avvolta in una coltre di nebbia sarà colpa mia. Preso da follia creativa avrò invaso la “bassa” con il mio fumo (astenersi dalla lettura forze dell’ordine) 🙂
C’è stato un piccolo equivoco in effetti. L’occasione era della mostra degli architetti ma le persone non sono architetti. O perlomeno non tutti.
Buona fumata.
Non vedo l’ora di vedere i prossimi progetti 😉