Ieri sera stavo leggendo un articolo dal titolo “You are not a victim” di Leslie Burns dove dice che gli unici responsabili delle nostre condizioni professionali siamo noi stessi. Che non dobbiamo incolpare nessuno e tirarci su le maniche e pedalare! Si è vero, c’è la crisi e molti dei nostri clienti ci marciano per chiedere sconti indecenti, lavoro quasi gratis e altre porcherie del genere, ma chi risponde a queste richieste siamo solo noi con la nostra testa. Ho una mole di stampati di Leslie che dicono più o meno la stessa cosa e il più vecchio risale a più di quattro anni fa. Tempi non sospetti quelli. Quindi la situazione non è cambiata? Stiamo ancora qui a discuterne? E’ evidente che la condizione “mi faccio tappetino, si sa mai un giorno…” rimane una delle fisse della nostra categoria. Bene, allora parliamone.
La condizione vittimistica si addice soprattutto a chi ha poca sicurezza in se stesso e ha bisogno di conferme. Lo dice anche la mia terapista che ormai frequento da diverso tempo ma che mi da sempre buoni spunti su cui riflettere. Quindi cosa fare per superare quei momenti bui che prima o poi capitano a tutti anche ai più bravi? Si dà il caso che io sia in piena crisi esistenziale da almeno 6 mesi però giuro che la in fondo c’è uno spiraglio e sono certa di riuscire a raggiungerlo. Se però mi guardo indietro vedo chiaramente che oggi riesco ad avere speranza solo perchè negli ultimi tempi, nonostante il rischio depressione e follia, ho continuato a lavorare; con la testa e con le mani. Ho fatto cose, ho studiato, ho cercato, mi sono inventata situazioni… insomma, ho cercato di adeguarmi a quello che stava succedendo attorno a me. L’insicurezza economica e lavorativa è la prima fonte di sconforto, lo so bene, ma l’amore per il lavoro e per la fotografia mi hanno aiutato a continuare un certo percorso e a non perdere la fiducia. E ora finalmente si possono vedere dei risultati.
Quando leggo in giro sui vari blog di giovani fotografi in crisi perchè non sanno come fare a cominciare mi metto a ridere bonariamente e rimpiango i tempi in cui anch’io mi sentivo così. Rimpiango perchè essere in crisi in una situazione di niente alle spalle è comunque vantaggioso. Non hai proprio nulla da perdere. Mal che vada cambi mestiere. Ma la situazione di crisi con dieci anni di contributi versati e altri dieci prima di gavetta fatta… ti lasciano un’amarezza diversa, più profonda. E’ come costruire un castello di sabbia in tre ore e poi vederselo portar via dalla marea che sale. Non puoi incolpare nessuno se non te stesso per non aver calcolato bene le distanze, ma al tempo stesso non c’è nulla da fare se non ricominciare. Se ne hai le forze. Quindi, su le maniche e pedalare. Appunto.
Per passare a qualcosa di più pratico posso dirvi cosa ho fatto io in questi mesi per “aiutarmi”. Magari serve come spunto per qualcuno. Fatemi sapere se poi funziona! Per me hanno funzionato tutti 🙂
Come prima cosa ho cercato di contattare nuove agenzie per presentare il mio portfolio e direi che assolutamente è la prima cosa da NON fare. In questo periodo le agenzie sono sommerse da decine di chiamate al giorno di fotografi che presentano il loro portfolio. Ora su Verona per esempio c’è l’invasione dei fotografi milanesi. Quindi risparmiate tempo e lasciate stare. Se cinque anni fa si aveva un feedback positivo del 10% ora si è abbassato all’1%. Meglio rivolgere le proprie forze altrove. Qualcosa di meglio si può ottenere contattando i produttori direttamente e proponendosi con un portfolio adeguato ai loro materiali. Io non ho un portfolio vero e proprio, me lo stampo il giorno prima di un appuntamento. Seleziono immagini coerenti e se percepisco un certo interesse cerco anche di rielaborare le fotografie su un’ipotetica idea di lavoro per quel cliente specifico. Vi assicuro, lo capiscono, e in questo modo si attira l’attenzione molto di più e ci si può permettere di osare senza paura. Alternativa un pò meno creativa ma stimolante è quella di proporsi a clienti con evidenti minori possibilità ma che magari non sanno dove sbattere la testa. Ho scritto un post in merito qualche tempo fa ma lo ricordo. Trattasi di proporre il rinnovo dell’immagine di una piccola azienda, magari a conduzione familiare, che ha evidenti carenze estetiche. Io ho visto un prodotto su uno scaffale, l’ho comprato, l’ho rifotografato e ho spedito una lettera con le foto. Da quella pazza idea ora stiamo stampando i nuovi pack ed è nata una gradevole collaborazione. Qualche mese fa sono entrata a far parte del direttivo Tau Visual, ne scrivo qui, non so per quale strano meccanismo ho ricevuto i voti necessari, ma la sorpresa è stata conoscere delle persone eccezionali come Monica e Sara con le quali abbiamo poi creato il post Morning Light. Avere modo di chiacchierare con chi non hanno paura di condividere il proprio sapere ti apre delle porte inaspettate ma soprattutto ti apre il cuore. In questo caso vi invito a partecipare attivamente a gruppi e iniziative anche se non vi si presenta l’opportunità di guadagno immediato; il ritorno ci sarà sicuramente, basta saperlo apprezzare e valorizzare. E sempre su questa idea altre iniziative: se vi piacciono i concerti o le mostre d’arte proponetevi come fotografi a livello gratuito (mi raccomando, fate i compiti per casa, verificate che ne abbiamo effettivamente bisogno e che voi siate in grado di fornire un buon lavoro); avrete modo di conoscere persone e allacciare contatti da coltivare. Se poi avete voglia di sperimentare nuove tecniche di ripresa fatevi un bel programma di lavoro e contattate qualcuno che abbia bisogno di nuove foto. L’aspirante modella-vicina di casa va benissimo, ma anche l’amico cantautore, il cugino scultore, il parente giocoliere. Non è necessario avere un professionista a disposizione, per le sperimentazioni bastiamo noi stessi. Un esempio? Ne ho parlato giusto qualche giorno fa. Altra cosa, spesso snobbata, è il microstock. Non mi dilungherò, ho già detto a suo tempo. E poi mille altre idee possono venire se solo ci si mette d’impegno: scambio di foto contro location, offerta di ritratti gratuiti per acquisire foto da archivio e via così.
Ma ricordate una cosa fondamentale: meglio lavorare gratuitamente per una iniziativa che vi appassiona che per un cliente che in più rompe anche le palle 🙂
Bellissimo post. Da leggere fino in fondo.
Una “fotografia” di vita che non tutti sono capaci di raccontare, vuoi perchè non hanno la faccia di mettersi a nudo e condividere le proprie esperienze.
Non so se quello che scrivi riesci a farlo con semplicità, io faccio una fatica immane e devo controllare che sia esattamente quello che avevo in testa. C’è una delicatezza invisibile in questo post che mi fa sentire meno pesante questo periodo. Magari domani si torna a combattere come sempre, magari no.
Felici foto!
@ Nicola – No Nicola, non è sempre semplice. Però quello che non mi manca è l’entusiasmo. Credo sia quello che mi aiuta tutti i giorni a trovare la forza di alzarmi e ricominciare come se niente fosse. E’ dura, durissima, ma quando qualcosa di positivo ti torna indietro ti ripaga di tutto e infonde infinita energia. Avanti tutta!
Ciao Barbara. Ho letto con interesse (ovviamente) il tuo post…. da fotografa in partenza, che a 33 anni lascia i suoi dieci anni di contributi in un settore diverso, per fare la fotografa. Ho trovato le tue riflessioni molto utili anche perché le agenzie erano il primo target cui pensavo di rivolgermi! 😉 Cmq hai dato spunti interessanti… La difficoltà che ora sento io è che appunto lo stress che deriva dal non avere introiti associata ad una consapevolezza dei miei limiti… mi leva la fantasia… Per cui si crea un loop mentale di autofustigazione difficile da gestire… Ma ne uscirò 🙂 Grazie della condivisione sei una persona speciale.
@Silvia – Ah ecco, mi hai fatto ricordare di aver scordato una cosa nel mio post: non fatevi dire da nessuno che siete troppo vecchi per iniziare! Ma chi l’ha detto!!!! 33 anni sono pochissimi Silvia, non fermarti. Alla tua età si ha una consapevolezza sulle responsabilità che ti permette di essere ancora più determinata proprio perchè… “ora o mai più”. Poniti un piccolo obiettivo per volta e datti un periodo di tempo adeguato per raggiungerlo. Se fallirai dovrai analizzare perchè, se vincerai… allora andrai avanti ancora meglio. Non mollare!! Fino alla morte! ;-D
@Barbara Nell’ultimo tuo commento mi sembra di sentire la voce di Massimo Decimo Meridio…!
@ Francesco – hahahaha in effetti siamo simili se non fosse per la barba…. 😀 io ce l’ho più curata!
@barbara grazie di esserci 🙂
@ all che bel brio che ci siamo passati stamattina! 🙂
Barbara, credo che il trucco sia proprio quello di non fermarsi mai, anche se la testa sembra dire il contrario, non bisogna dargliela vinta.
Bel post e bella la foto in alto, molto elegante e femminile.
P.S.: Anch’io sono grandicello, ma farò il fotografo.
Un saluto.
bel post, interessante. su cui rifletterci sopra, seriamente. lo salvo nei miei documenti per non perderlo nei meandri del web
Grazie Eleonora. Ho visitato il tuo blog… faccio parte anch’io di quel 7% 🙂
Ma in quel 7% rientrano anche i libri su photoshop? 😀 Hahuaha io al massimo 2… che ignurantone che sono…!
Se includiamo anche quelli, allora sono dentro di brutto! Appena arrivati da Amazon 4 libri in inglese. Le letture dell’estate. Tra cui il libro di Margulis sul LAB. Spero di farcela! o_O
@all anch’io ho un “problema” coi libri e con le librerie. SOno dipendente ma posso smettere quando voglio 🙂
@Silvia Succede anche a te che dici “entro, ma giuro solo per guardare” e poi esci con delle quintalate di libri? eh si, questa è vera dipendenza.
Siiiiiiiiiiiiiiiiiiii :-O
no ma io posso smettere quando voglio!!!!!!
Bel post, coraggioso e utile.
Grazie. Sono solo piccole gocce.
Ciao Barbara, prima di tutto grazie per le bellissime parole! E’ stato un piacere enorme condividere l’esperienza del tutorial con voi e sarò ben felice di ripetere ancora la cosa, perchè è un primo segno di collaborazione e quindi uno slancio ottimistico in questo marasma che ci circonda.
Mi piace il tuo post, mi dà carica, e in questo periodo ce n’è bisogno. L’amarezza è tanta, e purtroppo il rischio di cadere preda di atteggiamenti vittimistici è sempre fortissimo, ma sono i piccoli segnali positivi (come le tue parole) che mi aiutano a tenere duro. Sono mesi anche per me di seria difficoltà, e a fasi alterne passo da una profonda desolazione a momenti di puro entusiasmo e di incitamento (anche se poi certe persone cercano ripetutamente e puntualmente di fartelo passare!), ma già per esempio le riunioni del direttivo sono un ottimo spunto di ripresa e di entusiasmo (un po’ come le sedute di terapia hahahhah). Quindi teniamo duro e ce la faremo (lo dico a te per ripeterlo a me stessa)! 🙂
Un abbraccio forte, a presto
Le sedute di terapia fanno sempre bene, anche quando fanno male. Smuovono il terreno che prelude ai cambiamenti. Speriamo di riuscire a beccarci alla prossima riunione, magari ci facciamo un aperitivo!
Speriamo, dai! volenetieri per l’aperitivo 🙂 a presto, ciao